Rocket girls: le donne delle missioni Apollo
Apollo: dietro a questo nome troviamo uomini famosi. Ma che ruolo ebbero le donne? Qui scoprirai quanto importante fu il loro contributo al successo delle varie missioni.
Neil Armstrong, Buzz Aldrin, Michael Collins... con la missione Apollo 11 e il successo dell’allunaggio questi nomi sono diventati famosi in tutto il mondo. Ma dietro al programma Apollo hanno lavorato circa 400.000 tecnici, ingegneri e scienziati. Tra questi anche molte donne, che con il loro lavoro hanno contribuito modo significativo al successo americano.
Più veloci e più precise dei computer dell'epoca: le matematiche della NASA
Negli anni Cinquanta e Sessanta, agli albori delle missioni spaziali, non erano ancora stati inventati computer con la potenza di calcolo odierna. I calcoli dovevano quindi essere eseguiti da “computer umani”. La maggior parte di loro erano donne, le cosiddette “computresses”. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, migliaia di donne colmarono i vuoti di questo settore in piena espansione, e vi restarono. Per loro il programma Apollo ha rappresentato una delle prime opportunità di guadagno con il lavoro scientifico, avendo una retribuzione migliore rispetto per esempio alle insegnanti. Vennero assunte anche donne afroamericane, una novità per l'epoca. E a causa della segregazione razziale, per molto tempo le donne bianche non hanno saputo delle loro colleghe dalla pelle scura.
Figure importantissime, rimaste nascoste per 60 anni
Solo negli ultimi anni la storiografia si è concentrata anche sul contributo femminile alle missioni spaziali. Le matematiche Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson sono diventate note al grande pubblico anche grazie al film “Hidden Figures” (in italiano “Il diritto di contare”) del 2016, che mette in luce soprattutto il ruolo dei “computer di colore”. Katherine Johnson, che calcolò le traiettorie per il programma Mercury e per la missione Apollo 11, svolse un ruolo pionieristico e divenne prima matematica. John Glenn, il primo astronauta americano a orbitare intorno alla Terra, volle assicurarsi che le traiettorie fossero calcolate correttamente dal computer e chiese che Katherine Johnson ricontrollasse i dati.
“Se lei dice che vanno bene”, disse l’astronauta, come ricorda Katherine Johnson, “allora sono pronto a partire”.
Accanto a queste matematiche, al programma lavorarono anche ingegnere e future astronaute. Quanto il programma Apollo abbia dato forma non solo alle missioni spaziali ma anche alle scienze correlate lo dimostra l’esempio di Margaret Hamilton, l’informatica che creò, insieme al suo team del MIT, il software di volo per i razzi impiegati nelle missioni Apollo. Un’attività che portò alla nascita di un lavoro completamente nuovo, quello dello sviluppo di software, divenuta oggi un'industria che vale miliardi.
Le pilote del programma Mercury 13
Nel cosiddetto programma Mercury 13, ben tredici pilote furono invitate a partecipare ai test per futuri astronauti. Si trattava di prove fisiche molto dure, poiché naturalmente chi diventava astronauta doveva sopportare livelli di stress straordinari. Tutte le donne invitate, per lo più in servizio presso l'Air Force Service durante la Seconda Guerra Mondiale, soddisfarono i criteri di assunzione o addirittura superarono i risultati dei colleghi uomini. Il programma Mercury 13 venne però bruscamente interrotto. Infatti, in base ai requisiti della NASA, tutti gli astronauti dovevano aver completato il cosiddetto “Military Jet Test Program”, al quale le donne non erano ammesse. Un’esclusione che impediva loro di completare la formazione.
Nelle retrovie, come team leader o astronaute: grazie ai loro successi le donne hanno contribuito e continuano a contribuire alle missioni spaziali, che in questo modo permettono a tutte le scienziate e tutti gli scienziati di realizzare insieme qualcosa di grande.