Il rumore
Rumore nell'astrofotografia? Questo articolo illumina i retroscena.
Grande nemico degli astrofotografi, tanto temuto quanto “combattuto”.
Attraverso processi complessi fino addirittura alle intelligenze artificiali, cerchiamo ogni modo possibile per eliminarlo o quantomeno attenuarlo, ma di cosa si tratta?
Perché le nostre fotografie sono affette da questo fenomeno e da dove viene?
In questo articolo scopriremo nel dettaglio la fenomenologia dietro il rumore, analizzando le tre tipologie (dark, elettronico e quantum noise), dandovi anche delle dritte su come migliorare al massimo le vostre astrofoto!
Una prima definizione che possiamo dare del rumore è che esso è un qualcosa che contribuisce a variazioni causali del segnale che non trasportano informazione e anzi la ostacolano. Di fatto il rumore non è altro che una serie di fluttuazioni, apparentemente casuali, di luminosità o di colore che non appartengono al soggetto fotografato. Il rumore infatti possiede una certa fluttuazione quadratica media e si definisce il rapporto segnale-rumore SNR la seguente quantità:
SNR = A_signal / σ_noise
A_signal è l’ampiezza del segnale raccolto dal sensore e cioè una media del segnale mentre σ_noise è il tanto temuto rumore. Quando l’SNR è pari ad 1 il segnale è indistinguibile dal rumore; si parla di SNR “buoni” per valori maggiori di 10. Questa prima informazione è estremamente utile quando scegliete delle stelle di guida, anche se oramai il software calcola “le migliori” stelle del campo in automatico, in base alla FWHM (larghezza a mezza altezza del profilo stellare) e appunto all’SNR.
In astrofotografia si possono distinguere varie fonti di rumore che è possibile suddividere in tre categorie principali:
1. Dark noise (o rumore di buio): è un segnale spurio dovuto al fatto che il sensore può “attivarsi” a causa di fluttuazioni termiche, le quali non possono essere controllate. Quando facciamo una fotografia bisogna tener conto del tempo di posa, cioè la finestra temporale in cui si acquisisce il segnale. Il dark noise è proporzionale a questo tempo, poiché per più tempo "guardiamo" il sistema, più fluttuazioni termiche possono essere "raccolte" dal sensore. Questo rumore infatti possiede una dipendenza critica dalla temperatura e per questo motivo oggi nel mercato troviamo dei sofisticati sensori raffreddati che consentono di ridurre al minimo tale tipologia di rumore.
Il dark noise può inoltre essere ulteriormente ridotto facendo i cosiddetti dark frames, i quali appunto, per quanto detto, devono avere stesso tempo di posa, stessi gain/ISO e stessa temperatura dei light frames.
2. Rumore elettronico: questo è dovuto ad errori random di lettura del sensore e varia molto da sistema a sistema. A causa di questo rumore, per esempio, in una CCD ad ogni pixel bisogna associare una fluttuazione quadratica media che viene chiamata readout noise.Questo tipo di rumore diventa molto rilevante quando si fotografano soggetti molto deboli.
3. Shot noise o quantum noise: forse il più critico tra i tre, deriva dal fatto che la luce non è una "entità" continua ma è costituita da fotoni, cioè da pacchetti discreti di energia.
In un tempo di integrazione “t” il numero di fotoni che vengono registrati è dato da un processo che segue una distribuzione statistica di conteggi di fotoni.
…Cosa significa?
Immaginiamo che sia una giornata molto piovosa (di certo non adatta per riprese astronomiche) e supponiamo di avere un giardino sufficientemente grande tale da poter disporre di un migliaio di secchi tutti uguali tra di loro per raccogliere l’acqua piovana. Facciamo sì inoltre che tali secchi siano tutti vicini tra di loro, formando o una regione quadrata o rettangolare, appunto in analogia con la superficie di un sensore astronomico. Supponiamo adesso che possiamo contare quante gocce d’acqua cadono in ogni secchio e facciamo questo conteggio per un certo tempo di misura scelto.
Chiaramente il numero di gocce d’acqua in ogni secchio a parità di tempo sarà differente, l’acqua non cadrà in maniera uniforme in ogni secchio in termini di conteggi per ogni secchio e ci aspettiamo che, a parità di tempo, un secchio abbia raccolto ad esempio 100 gocce d’acqua mentre un altro 90 gocce o forse 110. È logico inoltre pensare che più tempo teniamo i nostri secchi fuori in giardino e più questi secchi si riempiranno d’acqua (a patto di non farla uscire fuori dai secchi e dunque non saturare!). Con la luce funziona esattamente allo stesso modo: essendo formata da fotoni, un po’ come la pioggia, i fotoni non cadono allo stesso modo per ogni secchio e si ha una distribuzione di conteggi che segue quello che in statistica si chiama distribuzione e in prima approssimazione, per un segnale monocromatico (ad esempio un laser), segue una Poissoniana.
Sulla base di ciò, a causa della natura del segnale che è di tipo quantistico, si osserva un numero di conteggi pari ad:
Conteggi= flusso di fotoni × QE × t
Dove QE è la quantum efficiency del sensore, cioè la percentuale di luce convertita in segnale e tè il tempo di integrazione.
Da questo si deduce che il rapporto segnale rumore va come:
SNR ∝ √t
Dove t è il tempo d’integrazione. Questa formula ci dice che maggiore è il tempo d’integrazione, maggiore è il rapporto segnale rumore (e cioè meno rumore hai). Anche se questa è una approssimazione, in quanto per un segnale di natura astrofisica si hanno delle distribuzioni ben più complesse, comunque il significato è sempre lo stesso: vuoi una foto con meno rumore? Allora devi integrare il più che puoi. Non ha senso fare centinaia di dark frames o bias perché la natura del rumore che vedi nelle fotografie, anche dopo lo stacking, non deriva dal tuo sensore in senso stretto bensì dalla natura quantistica della luce! Per ottenere una foto del cielo profondo con poco rumore bisogna integrare il più possibile, compatibilmente con le proprie esigenze.
Chiaramente se si ha integrato 2 ore su un soggetto, ad esempio la nebulosa testa di cavallo, non saranno 10 minuti in più a migliorare la fotografia né tantomeno un’ora di integrazione in più: in prima approssimazione, se si vuole migliorare la fotografia si deve ottenere almeno il doppio dell’integrazione! Questo significa che se si ha integrato 2 ore su un soggetto, se si vuole veramente avere delle migliorie, bisogna arrivare a 4 ore di integrazione. Chiaramente questo diventa critico per tempi di integrazione dell’ordine delle 20 ore ma la tecnologia ci viene incontro, dando la possibilità a chi non ha tanto tempo per integrare di usufruire di telescopi “veloci” che consentono di dimezzare i tempi di integrazione, come ad esempio questo velocissimo telescopio Omegon.
Il cui rapporto focale di f2,8 consente tempi di esposizione minori (ma attenzione, questo non significa che si raccoglie più luce, quel valore è dato dall’apertura: è come dire che per magia, cambiando i secchi inizia a piovere più forte).
Riassumendo quindi, possiamo affermare che esistono diverse fonti di rumore (che non sono state approfondite) ma di fatto esistono tre tipologie di rumore: dark, elettronico e quantum noise. Quest’ultimo si riduce con l’aumentare del tempo di integrazione e, a differenza degli altri due, non dipende da fattori intrinsecamente strumentali. Dunque vale l’affermazione: maggiore integrazione = foto più belle!
Cieli sereni.
Autore: Emanuele La Barbera
Emanuele La Barbera
Emanuele è un astrofotografo e studia fisica all'Università di Palermo.
Emanuele è appassionato di astronomia fin dall’infanzia. Oggi è un talentuoso astrofotografo, le sue foto sono apprezzate e pubblicate sia in Internet che su riviste specializzate. Il suo percorso di studi e la sua passione garantiscono la migliore consulenza per i prodotti specializzati nell'astronomia amatoriale.
Lingue: italiano, inglese