Collimare, ma cosa?
È incredibile cosa può essere regolato in un telescopio. Ma non tutto si può fare in autonomia.
La collimazione permette di ottenere il massimo dalla propria ottica. Per prima cosa occorre stabilire cosa può e deve essere collimato.
Mettere mano alla collimazione del telescopio? Si tratta di un argomento che spaventa molti astrofili. In genere si confida nella regolazione di fabbrica e nel fatto che lo strumento non sia stato sottoposto ad alcuna sollecitazione. Finché si ha la certezza che un'ottica riproduce bene le immagini, non ci sono problemi. Ma per via della collimazione, si può presumere che molti telescopi vengano utilizzati ben al di sotto delle loro reali capacità.
Una collimazione corretta deve essere sempre considerata la chiave per ottenere dal proprio telescopio le prestazioni migliori. A tal proposito è bene sapere cosa può essere collimato, come affrontare la collimazione in modo appropriato e come migliorarla nella pratica.
Cosa può e deve essere collimato?
Sicuramente lo specchio principale e il gruppo obiettivo devono essere collimati. Infatti, l’asse ottico, ovvero quella parte del campo visivo che offre la riproduzione di immagine ottimale, parte da qui. La collimazione di tutti gli altri elementi, come lo specchio secondario, i correttori, il focheggiatore, il diagonale a specchio o il prisma, ecc. deve portare l'asse ottico dritto e centrato nel focheggiatore e quindi anche dritto e centrato nell'oculare e nella fotocamera. L'asse ottico deve rimanere così anche se il focheggiatore è girevole o il diagonale a specchio viene ruotato.
In questo caso serve un intervento specializzato
All’interno di un obiettivo o di un correttore, le lenti vengono collimate tramite placchette o anelli distanziatori. L’ottico di precisione sceglie le placchette distanziatrici con precisi spessori progressivi. Le lenti inoltre vengono collimate per rotazione. Successivamente non dovranno più essere ruotate e anche le placchette distanziatrici devono rimanere al loro posto, altrimenti non sono più distinguibili. Quindi è meglio non mettere mano alla collimazione di un obiettivo. Se però dovesse essere necessario uno smontaggio, per esempio a seguito di un danno causato da acqua o muffa, bisogna cercare sul bordo opaco delle lenti la marcatura di collimazione, sotto forma di una linea a penna, oppure segnarla da sé. Le matite resistenti all’acqua hanno il rischio di essere facilmente cancellabili con solventi come l’isopropanolo.
Gli anelli distanziatori vengono usati soprattutto negli obiettivi economici. Sono in materiale flessibile; si spostano e vengono premute nel telaio tramite piccole viti di fissaggio. Per via della curvatura dell'obiettivo, le lenti si spostano e si inclinano in base alla deformazione. Anche in questo caso, non si deve cambiare nulla in modo incauto, perché se si gira troppo una delle viti, questa può restare bloccata sul bordo della lente e causare la frattura del guscio o peggio.
Dove la collimazione è fissa
In alcuni casi, diverse superfici ottiche sono fissate tra loro e non possono essere collimate. Un esempio famoso è quello dei piccoli telescopi Maksutov-Cassegrain. Infatti, mentre nei "Mak" più grandi di solito lo specchio secondario è separato dal correttore a menisco, gli strumenti più piccoli usano uno schema ottico in cui lo specchio secondario è depositato a vapore sulla curvatura del menisco stesso. In rari casi, in quest’area della lente lo specchio secondario viene rettificato. Di conseguenza, non solo tre superfici sono fissate l'una all'altra, ma per quanto riguarda il percorso del fascio, lo specchio secondario è separato dal resto del correttore da diversi centimetri di percorso della luce e dallo specchio principale. In questi dispositivi, la collimazione deve inevitabilmente essere orientata su questo elemento. Se il correttore è realizzato in modo perfetto, può essere addirittura una facilitazione, perché tutti gli altri elementi possono essere allineati con il correttore a menisco.
Autore: Sven Wienstein / Su gentile concessione di: Oculum-Verlag GmbH